1 ottobre 2013
Nel
1952, l’allora Ministro delle Poste Spataro firmò
una
convenzione che assegnava alla RAI il monopolio dei servizi televisivi
per i
successivi venti anni.
Nel 1960 una sentenza della Corte Costituzionale aveva
stabilito che solo le condizioni della tecnologia, che consentivano un
limitato
numero di canali di trasmissione, giustificassero tale monopolio.
Nel
1972, allo scadere della Convenzione, questa venne prorogata prima per
quattro
mesi e poi per un ulteriore periodo di sette, durante il quale
intervenne una
nuova pronuncia della Corte che rappresentò
l’inizio del
crollo del sistema
monopolistico: la riserva statale sulle
telecomunicazioni non può estendersi alle televisioni via
cavo
che operino in ambito locale, ambito nel quale l’iniziativa
economica privata può tranquillamente svolgersi senza rischi
di
tipo
oligopolistico, considerata la modestia delle risorse necessarie.
Quindi,
dal 1972 le televisioni locali via cavo potevano liberamente
trasmettere.
L’esempio
più significativo di tv via cavo fu Tele Biella, una
televisione privata
che trasmetteva sin dal 20 aprile 1970.
Tuttavia
molte emittenti private, in contrasto con quanto stabilito dalla Corte
Costituzionale (che aveva ribadito la legittimità del
monopolio sulle trasmissioni
effettuate con modalità diverse dal cavo) iniziarono a
trasmettere via
etere, modalità consentita solo alle emittenti straniere
come Capodistria
(che trasmetteva dal confine jugoslavo sin dal 1971, arrivando sino
alle
Marche) e Telemontecarlo
(il cui
segnale giungeva sino a Roma).
Sabato 30 novembre 1974 fu emesso il decreto di riforma
della Rai, appena in tempo perché a mezzanotte sarebbe
scaduto il decreto di
proroga (e, quindi, il monopolio sarebbe divenuto definitivamente
illegale).
Con
esso si stabilì, tra le altre cose, il passaggio della
gestione dell’azienda
dal Governo al Parlamento, e si dispose l’istituzione di una
terza rete
pubblica (che inizierà a trasmettere il 15 dicembre 1979).
L’avvento
del colore fu ulteriormente posticipato (verrà avviato
ufficialmente il primo
febbraio 1977).
La
rivoluzione, sebbene nella realtà dei fatti già
avviata
dalle miriadi di
emittenti via etere illegali che trasmettevano nel paese, si
compì il 28 luglio 1976 quando la sentenza n. 202 della
Corte
Costituzionale
dichiarò legittime le emittenti private operanti localmente
via
etere in
quanto “non sussistevano pericoli di formazione di monopoli o
oligopoli
privati”.
La stessa pronuncia, però,
dispose che venisse istituito un sistema legislativo di autorizzazioni
al fine
di salvaguardare il servizio pubblico ed impedire il sorgere di
concentrazioni.
Le
emittenti locali passarono, nel giro di un paio d’anni, da
una cinquantina
(1976) a circa trecentosessanta (1978).
Questa
deregulation
favorì ben presto alcuni
editori che acquistarono più emittenti, assicurandosi quante
più frequenze di
trasmissione.
Nel
1978 Tele Milano
(di proprietà di Berlusconi) iniziò a trasmettere
via
etere. Dopo circa due anni, attraverso l’affiliazione o
l’acquisizione di altre
emittenti e la messa in onda in contemporanea da parte di queste degli
stessi
programmi distribuiti in cassetta (cd. interconnessione), di fatto
diffuse la proprie trasmissioni su scala nazionale (cosa che
contemporaneamente
fece anche Rete 4 di proprietà Mondadori).
Questo escamotage
consentì alle emittenti private di trasmettere su scala
nazionale, aggirando la
legge che imponeva “l’ambito locale” al
fine di evitare monopoli o oligopoli.