5 ottobre 2013
Con
la commercializzazione nel 1971 del primo
microprocessore contenuto in un circuito integrato, l’Intel 4004,
cominciò la
miniaturizzazione degli elaboratori elettronici, fino ad allora assai
voluminosi, e la conseguente distinzione tra microcomputers e supercomputers.
Tuttavia anche i microcomputer avevano un costo proibitivo e
presupponevano specifiche competenza tecnica per l’utilizzo,
rivolgendosi
comunque ad esperti che fossero in grado di assemblarli (a causa degli
ingenti
costi venivano offerti in kit di montaggio) e di programmarne
applicativi per
il funzionamento.
Era ovvio che i quantitativi di produzione e vendita fossero
alquanto limitati.
Verso gli inizi degli anni ottanta, complice l’abbattimento
dei costi dei componenti elettronici, si pensò a macchine
indirizzate ad un uso
casalingo e non professionale, quindi amatoriale o ludico,
già assemblate e con
tutta la componentistica (compresa tastiera) inserita in un guscio (case) di
ridotte dimensioni, si da renderne agevole il trasporto e
l’installazione.
Per abbattere ulteriormente i costi si pensò a periferiche
che ognuno già possedesse in casa: un normale televisore per
monitor ed un
comune registratore a cassette per l’archiviazione o il
caricamento dei dati.
Era nato l’home
computer e con esso quel processo oggi
conosciuto come alfabetizzazione informatica: per la prima volta
l’informatica,
presente nei primi anni ottanta nelle aziende o negli uffici, entrava
nelle
case, rendendo familiari parole come Basic, memoria,
programma, byte,
periferica.
Ogni computer aveva il proprio codice di programmazione
(basato sul Basic
ma le cui istruzioni variavano in base al tipo di macchina)
ed il concetto di compatibilità, che caratterizzò
la futura categoria di
personal computer una decina d’anni più tardi, era
volutamente ignorato nella
spietata lotta concorrenziale tra marchi.
Tutti ricordiamo il Vic
20, il suo insuperabile fratello
maggiore Commodore 64
ed il rivale Sinclair
ZX Spectrum.
E’ grazie a loro che milioni di bambini e ragazzi hanno
appreso i primi rudimenti elettronici sognando di ripetere le gesta di
Matthew
Broderick in “Wargames – giochi di
guerra” ma, chi aprì la breccia in Italia fu
una scatoletta somigliante più ad una calcolatrice che ad
un elaboratore elettronico: il Sinclair ZX81.
Successore dello ZX80,
uscito l’anno precedente ma poco
diffuso in Italia in quanto acquistabile per corrispondenza, lo ZX81 fu
commercializzato nel 1981 dalla G.B.C.
a 99.000 £ + IVA ( ma si poteva comprare
a meno per corrispondenza in kit di montaggio).
Tanta gente non ci pensò molto e sborsò quella
cifra pur di
(poter dire di) avere un computer in casa.
Rispetto al predecessore conservava il piccolo case esterno
in plastica (nero anziché bianco), la tastiera a membrana,
l’assenza di sonoro
e colore e l’unico kbyte
di RAM
(che però era espandibile fino a 64).
La ROM
invece raddoppiava da 4 ad 8 kbyte, anche perché il sistema
operativo era stato
notevolmente implementato.
La tastiera era scomoda ma per digitare un’istruzione non
occorreva scriverla ma semplicemente premere contemporaneamente due
tasti, uno
dei quali definito “di funzione” (lo stesso sistema
sarà adottato anche dallo
ZX Spectrum,
i cui tasti gommosi non erano certo esempio di ergonomia).
Mentre nello ZX80
ogni segnale passava attraverso l’unita di
elaborazione centrale (la CPU)
perché non c’erano coprocessori che gestissero
le periferiche di imput/output (cioè processori ausiliari
che ne sgravassero i
compiti occupandosi del monitor o della tastiera), nello ZX81 tali segnali
erano
gestiti autonomamente: se il primo visualizzava immagini solo quando
non
svolgeva altre funzioni (come ad esempio quando si scriveva o caricava
un
programma), il secondo consentiva tale interattività
mediante la selezione
della modalità SLOW (contemporanea visualizzazione ed
esecuzione comandi)
consentendo, così, anche un utilizzo ludico del computer,
compatibilmente con
la scarsa capacità di memoria e risoluzione video.
Oggi pochi ricordano questo piccolo computer e ne
riconoscono i grandi meriti.
Probabilmente la sua memoria è stata offuscata
dall'importanza di chi gli succedette,
al cui confronto non era che una calcolatrice.
Ma se ci ricordassimo anche di
cosa c’era prima di lui (cioè niente) potremmo
realmente capire quanto sia
stato innovativo.
Sinclair ZX80 e ZX81 - in basso a destra ZX81 con imballo originale e contenuto (mia collezione)