Il merchandising in edicola

16 settembre 2013

La pratica di utilizzare l'immagine di un prodotto noto per venderne un altro raggiunse il suo apice negli anni settanta.

Mentre nel primo lustro erano quasi esclusivamente i prodotti Disney i protagonisti del merchandising (pensiamo ad esempio ai quaderni Pigna), nel secondo l’immaginario televisivo dettò i termini del mercato.

Per avere un’idea del fenomeno basta ricordare i vestiti maschili di Carnevale che spopolavano nei veglioni: cowboy negli anni sessanta, Zorro nei primi anni settanta (grazie al successo del telefilm), Sandokan e Mazinga verso la fine del decennio.

L’invasione giapponese monopolizzò edicole, cartolerie e negozi di giocattoli, oltre ai palinsesti televisivi.

Goldrake, Mazinga o Capitan Harlock potevano vantare quaderni, diari e cartelle ad essi dedicate (Jeeg robot, a causa della sua programmazione sui circuiti delle emittenti locali, fu coinvolto solo marginalmente dal fenomeno). Lo stesso dicasi per i Barbapapà (chi non ha posseduto il relativo pupazzo in vinile della Fabianplastic?), Candy, Remi, Anna dai capelli rossi, Heidi e l’Ape Maia.

Ad ogni personaggio trasmesso per i canali Rai vennero ben presto dedicati album di figurine, libri e pupazzetti (ai migliori, in termini di ascolti, anche bobine super8 e trasferelli).

Impossibile, poi, non imbattersi nei propri beniamini anche facendo la spesa in quanto tantissimi prodotti ne regalavano adesivi (telati jeans oppure prismatici) e gadget, tendenza che, dato il successo, resiste tuttora e le cui conseguenze ancora si avvertono: quando vado a fare la spesa con mio figlio compriamo due confezioni uguali di prodotti che regalano qualcosa, una per lui ed una per me.



Vari album, trasferelli, libri, quaderni, maschere di carnevale e pupazzi a soggetto televisivo (mia collezione).
In basso due mie foto vestito da Sandokan e Mazinga.





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